A un metro di distanza_parte 3

 Ogni giorno ripetiamo lo stesso rituale: arriviamo alla cinta muraria ed aspettiamo. Ma oggi, mentre siamo tutti lì, asserragliati dentro l'abbraccio delle antiche mura, a respirare l'aria appiccicosa della morte, sentiamo il segnale d'allarme. Le campane delle torrette di avvistamento diffondono il loro suono cupo, preludio di morte. Le sentinelle di guardia alle torri scendono in fretta e corrono verso di noi, al riparo delle mura. 

E poi Li vediamo. 

Sono centinaia, avanzano a piedi, e sono terribili. Hanno lunghe vesti colorate e le donne sono velate. Si avvicinano silenziosi, in massa, e dietro di me le donne cominciano a piangere dal terrore. Qualcuno comincia a pregare, mentre altri gridano di non voler morire. Molti si siedono per terra, con la schiena appoggiata alle mura e piangono la loro prossima fine. Si tengono la testa fra le mani, rannicchiati come bambini e singhiozzano. Mi sento impotente, come tutti gli altri qui attorno a me. Guardo i miei concittadini e mi accorgo che solo il vecchio Pietro ha lo sguardo diverso. Ma lui è “l'eremita di Piacenza”. Ha novant'anni, non si è mai sposato ed è sempre stato per conto suo. La sua riservatezza ha sempre avuto un tono inquietante. In città lo conosciamo tutti e tutti lo evitiamo. Nessuno lo ricorda alle feste, alla messa, in banca o alla posta. Nessuno ha mai sentito un suo commento riguardo la guerra. Forse non se n'è nemmeno accorto! Il vecchio Pietro è sempre stato fuori dal mondo e per questo molti lo chiamano “il pazzo”. Lo guardo e mi fa pena, per l'età che ha e per il fatto che cammina in modo lento, appoggiandosi stancamente al suo bastone. Riesce piano piano ad arrivare fino alle mura, mentre attorno a lui si crea il vuoto. Nessuno vuole stargli vicino. Probabilmente sarà l'ultima persona a morire a novant'anni, visto che oggi moriremo tutti. Rimango a circa un metro di distanza da lui e riprendo a guardare l'avanzata degli Altri. Ormai sono talmente vicini che riusciamo a vedere chiaramente il ghigno sul volto di ognuno e sentiamo le loro orribili parole. Sicuramente stanno decidendo in che modo massacrarci e quanto a lungo prolungare la tortura prima di ucciderci. Il panico ci immobilizza e nessuno di noi osa fiatare. Boccheggio terrorizzato, mentre i bambini degli Altri avanzano con quelle bocche distorte in un ghigno. Non importa se sono bambini, sono della loro stirpe. Io li ricordo in guerra, mentre lanciavano contro di noi i loro giocattoli pieni di tritolo. E ricordiamo tutti la diffusione del virus che ha sterminato le nostre famiglie. Il virus è nato là, nelle loro terre. È una loro malattia e loro l'hanno portata ovunque nel mondo, viaggiando. È colpa loro se siamo stati trasportati in quest'irreale realtà. Il virus sembra scomparso tra noi, Piacenza non ha più contagiati da mesi. Ma quando Loro arriveranno ricomincerà tutto. Ecco perché siamo stati costretti alla chiusura totale della città. Loro sono nati per terrorizzarci e per ucciderci uno ad uno. Ormai sono alle porte in ferro della città medievale e battono le mani sulle enormi ante chiodate, fatte costruire dal Comune dai migliori fabbri. Cercano di buttarle giù e nel frattempo gridano nella loro incomprensibile lingua. 

Improvvisamente il vecchio Pietro parla e la sua voce è nitida sopra il mormorio. Tutti smettiamo di respirare. Il vecchio Pietro si sta rivolgendo agli Altri, nella loro orribile lingua.

(continua)

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