La madre di Livia percorse buona parte del paese prima di arrivare a una piccola casa di un solo piano, con un piccolo giardino e un pozzo che confinava con la casa vicina. Alcuni vasi di fiori stavano vicino all'ingresso e le tegole di terracotta venivano riscaldate dal sole. Maria entrò nella cucina, dove c'erano due ragazzi che non conosceva, salutò in generale e seguì la madre nella camera da letto in cui riposava suo padre.
«Babbo, come stai?»
«Non molto bene, figlia mia. Non credo che sfuggirò alla morte un'altra volta»
«Non dire così. Sei ancora forte...»
«Ma non più così giovane. E mi sento già morto» disse il vecchio, mettendosi una mano sul petto, dalla parte del cuore.
«Sei sopravvissuto a due infarti, supererai anche...questo, sebbene sia difficile riprendersi...»
«Sì, ma non sono forte come tua madre, io... lei sta meglio ora, ma io no»
L'anziano tossì e guardò la figlia con la tristezza negli occhi. Maria gli prese la mano, la strinse e si disse che avrebbero superato anche quella situazione in un modo o nell'altro.
Intanto Livia e Laura erano arrivate di fronte al liceo, scesero dalla macchina e si avviarono verso l'entrata principale, passando di fronte a un gruppetto di ragazzini del secondo anno che avevano appena terminato le lezioni del corso di recupero di matematica. Livia entrò nell'ampio andito della scuola e si avviò verso la bacheca accanto alla sala professori. I risultati erano stati appesi, come aveva scritto Cristina, e Laura poté leggere:
«Anedda Livia: novantotto, Boi Cristina: novantaquattro, Loi Sara: novantotto, Murtas Naja: cento, Puddu Monica: settantadue...»
«Beh, che bello, ho finito! E guarda! Ah! Le sorelle io studio a memoria hanno preso solo sessanta!» disse Livia.
«Già! Uffa! A me mancano ancora due anni!»
«Ciao, Livia!» salutò una voce alle loro spalle. Livia si voltò e sorrise a Cristina. La ragazza era alta circa un metro e settanta, ma era molto carina. Aveva naso e mento piccolo, occhi scuri dal taglio allungato, la bocca non troppo carnosa ma sensuale. IL viso, regolare, era incorniciato da capelli castano scuro, mossi, lunghi sino alle spalle.
«Finalmente abbiamo finito! Guarda!»
«Novantotto! Però...» fece Cristina all'amica.
«Tu novantaquattro, non male!»
«Festeggiamo con un gelato? Offro io!» propose Laura.
«Certo, andiamo» le disse Livia e in quel momento il suo cellulare cominciò a squillare. «Oh, è la nonna!» disse la ragazza, guardando Laura.
«Rispondi» fece Laura.
«Ciao nonna! Sì, stiamo bene, voi? Meglio così. Allora, era bella la nuova casa della zia Francesca? Come mai siete rientrati prima? Faceva troppo caldo? Sì, anche qui non si scherza! Come? A pranzo? Oggi? Anche Cristina? Certo, noi veniamo volentieri. Ora lo chiedo a Cri.... la nonna ci ha invitato a pranzo oggi. Ti va di venire?»
«Volentieri! Che bello, così finalmente conosco i tuoi nonni!»
«Nonna, Cristina ha detto che viene anche lei. Okay, allora ci vediamo tra una mez'oretta. Ciao»
«Che strano» commentò Livia mettendo il cellulare nella borsetta.
«Solitamente la nonna ci invita a pranzo il fine settimana... e poi ha invitato anche Cri! E mi è sembrata molto contenta! Mah!»
«Piuttosto, perché sono rientrati prima da casa di zia Francesca? La mamma non ci aveva detto che dovevano restare dalla zia per due settimane?» chiese Laura.
«Sì, la mamma ci aveva detto così, ma nonna ha detto che faceva troppo caldo là e oper questo sono rientrati prima. Mah! Lo sai com'è fatta la nonna!»
«Già» fece Laura «Beh, avviso mamma che non rientriamo a pranzo»
«Giusto, chiamo mia madre, così non si preoccupa per me» disse Cristina.
Le tre ragazze si fermarono in una gelateria e comprarono tre coni gelato artigianali e chiacchierarono un po' sugli esiti dell'esame e sulla probabile faccia delle sorelle io studio a memoria di fronte al tabellone dei risultati della maturità. Infine, salirono in macchina e andarono a pranzo dalla nonna di Livia.
Appena giunte di fronte alla casa notarono che l'anziana signora era intenta a parlare con un ragazzo dai capelli corti neri e fisico possente.
«Wow! Chi è quello?» chiese Cristina.
«Non lo so... ma spero che la nonna abbia invitato pure lui a pranzo!» fece Laura, speranzosa.
«Chissà...forse ci ha invitato oggi per farci conoscere questo tizio» suggerì Livia e scese dall'auto.
«Bell'idea quella di invitare anche me!» commentò Cristina.
Avvicinandosi al giardino, Livia poté ascoltare una parte del discorso tra la nonna e il ragazzo che stava parlando con lei.
«Ma lei è sicura di averla sentita?» aveva chiesto il ragazzo.
«Sì. L'ho sentita, ma non so quanto possa essere grande. E lui come sta?»
«Diciamo bene... anche se, lei lo sa bene, lui sta soffrendo ora» disse il ragazzo.
«Già, ne sa qualcosa il mio povero marito. Per colpa di quella...» fece la nonna ma si interruppe non appena vide la nipote nel cortile. «Livia, siete già arrivate...entrate... fammi sapere quando trovate le altre. Per il momento arrivederci, Giovanni»
«Va bene, signora Anna, arrivederci» disse il ragazzo e se ne andò, lasciando deluse Cristina e Laura.
Una volta entrate nella cucina di Anna, le sue due nipoti e Cristina presero posto nelle sedie attorno al tavolo e poco dopo un uomo anziano fece capolino dalla stanza adiacente. Non era molto alto e le rughe che segnavano la fronte gli conferivano un'espressione severa. Tuttavia, i suoi occhi scuri come l'inchiostro si aprirono in un largo sorriso di benvenuto. Livia e Laura si alzarono in piedi e andarono incontro al vecchio e lo abbracciarono.
«Ciao nonno!» salutò Livia.
«Come stai?» chiese Laura.
«Ciao, sto abbastanza bene...ho un po' di acciacchi per l'età, ma va bene...non sono più agile come un tempo. Eh, voi giovani, che non vi muovete un granché!» disse il vecchio, poi rivolgendo uno sguardo incuriosito a Cristina, disse «Scommetto che tu sei Cristina! Livia ci ha parlato spesso delle sue compagne!»
(Tratto da R. Serra, "I Guerrieri di Nur", pp. 18-21, edito da "La Riflessione", 2009)
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