Capitolo 3

 


Capitolo 3. La leggenda del pirata fantasma

 

 

 

Fai ricerche sul nuraghe Diana, ma sta' attento al fantasma.

 

Suo nonno gli aveva dato solo questo suggerimento e Cornelio si era messo a fare ricerche sin dalla mattina successiva al sogno. Non sapendo bene da che parte cominciare, fece ciò che si fa in questi casi: si affidò al web. Digitò “nuraghe Diana” nella barra di ricerca e finalmente trovò le notizie che cercava, compreso il riferimento al pirata.

 

Il nuraghe era un bellissimo esempio di architettura del II millennio a.C. ed era stato, nel corso dei secoli, testimone di battaglie, incursioni e amori clandestini. Una leggenda collocava al suo interno, o nei suoi sotterranei, un tesoro accumulato dal pirata Mujāhid. Il famigerato filibustiere dell’anno Mille, diventato temuto e cattivo nelle leggende del Mediterraneo, non fu altro che un mecenate nella lontana Dénia, in Alicante. Mentre era signore di quella terra iberica si circondava di filologi, esegeti del Corano e uomini armati per la sua sicurezza. Conosciuto con il nome italianizzato di Musetto, il nostro pirata era stato anche un esperto guerriero di mare, che si era spinto fino alle coste del Giudicato di Torres, in Sardegna, per togliere di mezzo qualcuno di quei Pisani che ostacolavano la sua attività di pirata. Fu così, che durante una delle sue incursioni, Musetto venne sconfitto e costretto alla ritirata. Da quel fatto storico, lo scrittore Tolemeo Nozzolini, amico del grande Galileo Galilei, scrisse un poemetto che nulla aveva da invidiare alla più conosciuta Gerusalemme Liberata di Tasso: La Sardegna Recuperata.

 

Lasciando da parte la letteratura, di cui non gli interessava molto, e pensando di sapere abbastanza, Cornelio decise di andare a vedere con i suoi occhi quel nuraghe.

Giunto sulla costa del territorio di Quartucciu, parcheggiò in una stradina secondaria e scese a piedi lungo il sentiero che conduceva al Nuraghe. Davanti a lui, ai piedi del promontorio Is Mortorius si ergeva imponente un meraviglioso monumento trilobato dalla tecnica ciclopica. L’odore del mare che spumeggiava là davanti riempì i polmoni di Cornelio, che si sentì improvvisamente piccolo davanti a quel complesso innalzato millenni prima. L’eco di voci perdute sembrò arrivare alle sue orecchie portato dal sussurro del vento di gennaio e Cornelio pensò alla sorte che sarebbe toccata a Davide se lui non avesse recuperato il telaio d’oro della Jana che lo aveva minacciato. Fece un passo avanti e toccò una delle pietre del nuraghe.  Chiuse gli occhi, l’eco di voci si fuse in un unico distinto racconto.

Qualcuno o qualcosa gli voleva raccontare una storia, probabilmente qualcosa che il nuraghe o gli abitanti di quel luogo avevano visto secoli prima.

 

«Questa è la verità sul pirata, Cornelio. Ascoltaci.

Noi ricordiamo che nottetempo, durante una tempesta, mentre il mare infuriava e le onde sbattevano sulla poppa della sua nave, Musetto riuscì a raggiungere la riva con una piccola scialuppa. Non poteva rientrare ad Alicante senza portare con sé la donna che amava. Ma lei quella notte non c’era. Ad aspettarlo sulla riva trovò una creatura, la più incantevole che avesse visto, dall’aspetto di donna ma con le orecchie appuntite.

 

La creatura gli rivelò di essere stata testimone del rapimento della donna e che per aiutarlo a trovarla voleva un pegno. Musetto le offrì il tesoro che aveva accumulato durante le incursioni e lei accettò, bramosa com’era di oro e vesti pregiate. La Jana prese il tesoro e non mantenne la sua promessa. La donna non fu trovata e il pirata da allora torna in questo luogo ad ogni luna piena uccidendo ogni vivo che trova sul suo cammino. Noi rubammo il telaio della Jana per punire la sua disonestà e lei cerca un modo per riprenderne possesso

 

Le voci tacquero e Cornelio rimpianse i il suo dono. Non solo si sentiva leggermente pazzo a sentire voci di chissà chi e di chissà quale epoca, ma ora sapeva di non potersi fidare della Jana. Si chiedeva se avrebbe mantenuto la sua parola o meno. Nel secondo caso avrebbe visto morire un amico. Inoltre, l’idea del fantasma del pirata Musetto a spasso per il promontorio de Is Mortorius lo metteva a disagio. Non voleva vederlo. Non voleva incontrarlo, men che mai sfidarlo a duello di sciabola millenaria e fantasma. Rientrò a Thuri e si fermò Da Marcellino, l’unico bar del paese.

 

Marcellino, il proprietario del bar, lo accolse con il suo solito cipiglio furbetto e, mentre si arricciava verso l’alto i propri baffi, gli chiese che succo di frutta desiderasse. Cornelio ordinò un succo alla pesca e Marcellino gli servì anche una ciotolina piena di salatini ammuffiti da cui spuntava qualche pistacchio qua e là. Cornelio sorseggiò la sua bevanda a temperatura ambiente e chiese a Marcellino cosa ne pensasse dei fantasmi. L’uomo fissò il ragazzo con fare incuriosito e gli chiese a sua volta se ci credesse. Cornelio annuì e Marcellino, sempre arricciandosi i baffi, gli disse di averne visto uno in gioventù e di non aver mai avuto tanta paura come quella notte di gennaio.

 

«Dove lo hai visto e che aspetto aveva?»

«Ero andato ad una festa con la mia ragazza dell’epoca, Rosa si chiamava. Era bella, aveva tutto quello che una donna deve avere, mi capisci… Io e lei stavamo insieme da qualche mese e quella notte, il diavolo mi porti via se la dimentico, quella notte andammo a passeggiare al mare. Rosa era di Quartucciu e adorava il mare. Mentre passeggiavamo con la luna piena sopra di noi, vedemmo il fantasma. Era luminoso, come se la nebbia si fosse sollevata da terra e la luna lo illuminasse. Ma era come noi. Braccia, gambe, testa, tutto come noi. Non era come un lenzuolo, ecco. Ti giuro che non avevo mai visto un uomo vestito in quel modo. Né da vivo, né da morto. Comunque prima di vederci e assalirci per farci scappare, come fanno i fantasmi, penso, lui stava in piedi vicino al grande nuraghe che si trova in quel posto e stava toccando le pietre, che si illuminavano quando le toccava. Me lo ricordo ancora, » fece dei gesti, mimando ciò che ricordava. « faceva così. Uno, due e tre. Le toccava così e sembrava furioso. Rosa urlò dallo spavento e lui ci venne addosso, con quel turbante luminoso e quegli orecchini enormi. Sollevò una spada enorme su di noi e urlò: perché lei non c’èèèèèèèè? Ovviamente ce ne andammo e quella notte Rosa mi lasciò. Non poteva stare insieme a un uomo che si era spaventato e non l’aveva protetta da qualunque cosa fosse quella che avevamo visto. Il fantasma mi ha rovinato la gioventù, ragazzo, e mi ha tolto la ragazza.»

«Cosa pensa cercasse il fantasma?»

«Non lo so e non lo voglio sapere, ma se fossi in te, non vorrei saperlo. Era parecchio furioso!»

«Sì, hai ragione….tieni, pago il conto, ora devo rientrare a casa. È stato un piacere parlare con te.»

 


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