20 marzo 1147, Contea di Edessa.
Gli eserciti erano schierati. I cavalli nitrivano e scalpitavano, ansiosi di correre. I soldati che li guidavano bramavano il sangue dei loro nemici, quei guerrieri che si diceva mangiassero i cadaveri dei prigionieri cristiani. Un brivido percorse le truppe cristiane, quando un grido si levò dall'esercito nemico. Le aste sormontate dalle mezzelune scintillarono ai raggi del sole e la frase Bism'Illah ul rohman ul rahim arrivò sgradita alle orecchie dei Francesi.
– È un insulto- disse qualcuno, dietro Helmut. Il Cavaliere non replicò. Lui sapeva che si trattava dell'inizio di una preghiera, ma cercò di svuotare la propria mente da ogni pensiero umano applicabile a quegli uomini dalla lingua strana, dalle armature dall'elmo appuntito e dalle armi affilate. L'unico pensiero di Helmut era trovare Murthasa e ucciderlo.
– No, è una preghiera.- Disse un ufficiale del re Corrado. - Io sono stato prigioniero tre anni a Damasco e dicono queste frasi quando pregano. Quei cani devono pagare per quello che mi hanno fatto e che hanno fatto a Gottmund.
– Cos'hanno fatto?- Chiese un ragazzo, con il terrore negli occhi.
– Gottmund...- si interruppe il soldato. -Lo hanno catturato insieme a me, ma lui non voleva cedere alle pressioni, volevano sapere informazioni sulla Regina di Gerusalemme e così lo hanno torturato.
– E anche a voi, giusto?- chiese un altro soldato.
– Esatto. Ma Gottmund... Non solo lo hanno torturato in modo orribile. Gli hanno strappato le unghie delle mani e dei piedi, lo hanno marchiato a fuoco in tutto il corpo, gli hanno. Oddio...- si interruppe terrorizzato.
– Cosa? Cosa gli hanno fatto?
– Lo hanno impalato e arrostito in un falò.
– Un rogo. Santissimo!- commentò il ragazzo, sconvolto.
– No… Lo hanno cucinato, poi lo hanno mangiato.
– Santo Cielo!- esclamò il ragazzo e poi svenne. Il soldato accanto a lui lo rianimò, mentre a Helmut si rivoltava lo stomaco. Cannibalismo! Sapeva che anche tra i musulmani si era diffusa questa voce nei confronti dei cristiani. I musulmani raccontavano la stessa identica storia: erano i cristiani i cannibali. Forse era vera la storia raccontata dall'ufficiale o forse no. Forse era solo un racconto terribile di propaganda per alimentare le guerre. Mentre ci pensava venne dato il segnale di attacco e gli eserciti si mossero, l'uno verso l'altro.
Quando gli uomini di entrambe le schiere si scontrarono l'impatto fu
terribile. I crociati avevano spadoni a due mani, con cui frantumavano le ossa
di chi si trovavano davanti. La carneficina fu tremenda. Le scimitarre dei
musulmani staccarono orecchie, dita, mani e procurarono mutilazioni in
centinaia di cristiani. In ognuno dei due schieramenti molti guerrieri capirono
in quel momento di non essere nemici. Erano semplicemente uomini. Pedine di
giochi politici. Agnelli al macello. In alcuni di loro, cristiani e musulmani,
si radicò la consapevolezza dell’inutilità della guerra. Ma molti altri,
invece, in entrambe le schiere, furono avvolti dalla crudeltà.
Helmut riuscì a
schivare i colpi, uccidendo una ventina di guerrieri, mentre nella mischia
cercava Murthasa. Lo vide. L'uomo stava sgozzando il ragazzo che era svenuto al
racconto dell'ufficiale. La lama della scimitarra aprì la gola del giovane e la
giugulare riversò il suo sangue a fiotti. Murthasa leccò l'arma e con la lingua
gocciolante di morte guardò Helmut. Uno sguardo feroce emerse dai suoi occhi,
mentre camminava sicuro contro Helmut. Erano solo uomini. La religione non c’entrava
più. Erano entrambi uomini in cerca di vendetta personale. Il Cavaliere strinse
l'elsa della sua spada, la guardia ancora gocciolante di sangue nemico. Attese
e con un fiero movimento colpì Murthasa alla clavicola. Un colpo secco e il
nemico vacillò all'indietro. Helmut colpì il musulmano al ginocchio e lui
cadde. Il Cavaliere crociato afferrò Muthasa per i capelli e gli gridò che con
la sua morte ripagava quella dello zio e di tutti gli innocenti che aveva
ucciso prima di lui. Lo sgozzò, mentre attorno a loro la battaglia proseguiva
senza sosta. Pianse. Pianse per aver ucciso altri uomini e promise a sé stesso che
non avrebbe più combattuto. Avrebbe cresciuto la sua famiglia e avrebbe cercato
perdono con opere buone
Quel giorno Edessa venne conquistata dai Cristiani, ma la sua sorte si
sarebbe ribaltata in meno di un anno in un gioco politico di nazioni diverse.
Helmut sopravvisse a tutti gli scontri, riportando a casa soltanto una
cicatrice nella guancia sinistra e ricordi colmi di tristezza. Invecchiò,
lasciando il racconto della sua breve e triste impresa ai suoi figli e il lascito di vivere sempre in pace, con gli amici e con i nemici.
Fine.
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