CAPITOLO 1: Il racconto del nonno.
Nel piccolo paese di Thuri, centro
abitato nella zona della Sardegna chiamata Trexenta, le case sembravano uguali
tra loro. In una di queste abitazioni, che si trovava in una zona periferica, composta
da strette viuzze di impianto medievale e un unico vicolo cieco dal quale si
poteva scorgere il campanile della Parrocchia dedicata a Santa Maria, abitavano
i coniugi Carta e il loro unico figlio, di nome Cornelio. La casa della
famiglia Carta si trovava esattamente al numero 5 di una di quelle vie,
chiamata dal Comune -chissà perché- Via della Bottega. Buffa scelta dato che
non esisteva nessuna bottega!
Cornelio aveva sempre creduto che
a Thuri, o comunque in quello sperduto angolo di Sardegna, non sarebbe mai
successo alcun fatto degno di nota. Perché Thuri era lontano dalla vita
frenetica delle città o delle zone suburbane. Infatti, secondo chi viveva in
città o comunque nei pressi di Cagliari, i Thuresi erano i bidduncoli,
cioè gli abitanti delle Biddas, dei paesi, e non si sforzavano di
cambiare, di migliorare. Erano fermi, immobili nelle loro credenze tradizionali
scandite dal lento ritmo delle liturgie religiose e dagli impegni quotidiani
che nel corso della vita di ogni abitante del paese e dei paesini vicini erano
sempre uguali. Il paese viveva al ritmo dei suoi abitanti o forse erano loro
che vivevano al ritmo del paese.
Per i ragazzi l'unico posto di
ritrovo, dato che non esisteva un cinema o un locale per ballare, era il Bar da
Marcellino, che prendeva il suo nome dal proprietario basso e tarchiato,
con due enormi baffi stile ottocentesco che talvolta finivano dentro al
bicchiere di roba da bere. Marcellino aveva circa cinquant'anni o forse
sessanta e ci teneva a far sapere a chiunque capitasse di passaggio nel suo bar
che i suoi genitori l'avevano chiamato esattamente Marcellino e non Marcello a
causa del protagonista del film Marcellino pane e vino. Solo che lui non
aveva né pane, né vino nel suo bar, ma solo salatini ammuffiti, pistacchi e
qualche succo di frutta. Ovviamente aveva anche caffé e cappuccini, ma nessun
tipo di alcolici, perché era dannatamente spilorcio e quelli costano troppo!
Gli ubriachi comunque c'erano lo stesso, che furbescamente compravano i liquori
nei supermercati, ma Marcellino li cacciava via appena osavano mettere
piede dentro al locale.
Thuri era sempre
stata così. Un piccolo centro abitato di passaggio nelle campagne della
Trexenta. E Cornelio aveva sempre creduto che nulla sarebbe cambiato. Una
svolta avvenne quando suo nonno morì e lui, Cornelio, aveva circa dieci anni.
Da suo nonno aveva ereditato il nome e il taglio allungato degli occhi.
Ora, a
venticinque anni e mezzo, Cornelio non aveva dimenticato quella triste notte in
cui suo nonno era morto e gli specchi della stanza erano stati coperti con
panni. E non aveva dimenticato neppure che, in punto di morte, il nonno gli
aveva regalato un ciondolo che sua madre gli aveva subito sequestrato. Quel
ciondolo, lo ricordava molto bene. Si trattava di una medaglietta devozionale,
che il nonno aveva detto essere stata "abrebada", cioè era
stata incantata con parole antiche, con una sorta di formula magica contro per
garantire, a chi l'avesse indossata, la protezione contro una creatura
malvagia, che il nonno aveva chiamato Scultone.
Cornelio adesso
credeva di sapere di cosa parlava il nonno. Lo Scultone che immaginava era una
serpe velenosa, con gli occhi neri come l'ossidiana. Un essere malvagio i cui
poteri consistevano nella capacità di bloccare la vittima con lo sguardo e
forse anche di trasformarla in pietra.
Non sapeva
ancora che lo Scultone esisteva realmente ed era molto più pericoloso di come
se lo immaginava. E, soprattutto, stava di guardia a un tesoro.
Non poteva
sapere nemmeno che un giorno avrebbe dovuto affrontare lo Scultone e anche altri esseri mitologici...
Una fredda
mattina di Dicembre Cornelio salì a bordo della sua Golf grigia e si diresse a
Cagliari, destinazione "Facoltà degli Studi Umanistici-Esame di
Letteratura Italiana 3". Ormai gli mancava solo quell'esame prima di
discutere la tesi per la Laurea Specialistica e non vedeva l'ora di
liberarsene!
Quella fredda
mattina di Dicembre la nebbia era più densa che mai e si muoveva in strani
banchi dalle campagne sino al piccolo borgo di Thuri. Cornelio, immettendosi
nella strada statale 128, non ci badò e continuò il suo tragitto. Intanto dalle
campagne si era avvicinata una creatura alla periferia del minuscolo paese. Era
alta quanto un bimbo di otto anni, esile, scura come la notte e dal pelo folto.
Da lontano, e tra la nebbia, poteva essere scambiata per una nutria o un
castoro in posizione eretta. Si avviò silenziosa tra le viuzze, poi chiuse gli
occhi e si appiattì nella rientranza di un muro a secco. Attese che il gatto di
cui aveva sentito l'odore se ne andasse, ma non fu così. Il gatto si diresse
proprio verso il suo nascondiglio e la creatura fu costretta a difendersi. Il
gatto si irrigidì e saltò in aria, spaventato, per poi scappare in fretta. La
creatura uscì dalla rientranza nel muro ed ebbe via libera. Arruffò il pelo e
scosse le vibrisse. I due corni che aveva sulla testa cambiarono colore, segno
che non mancava molto per raggiungere la destinazione. Appena le ebbe trovata,
scodinzolò ed emise un verso rauco. Si arrampicò nel cancello e in un attimo fu
nel giardino, si guardò attorno e vedendo la porta di casa aperta entrò.
In due secondi
trovò la stanza che cercava e si nascose sotto l'armadio. Avrebbe atteso la
notte prima di compiere il suo dovere.
Quando Cornelio
giunse all'Università erano circa le 9 e l'andito davanti allo studio del
professore Farris era pieno di studenti. Cornelio era stato segnato come
l'ultimo della lista perché l'assistente di Farris aveva deciso così. Il
ragazzo sbuffò e si sedette per terra, con la schiena poggiata al muro. Cercò
di ripassare la tesina che doveva esporre e si ritrovò a giocherellare con la
catenina che aveva al collo e che non ricordava di aver indossato quella
mattina. Le sue dita corsero alla medaglietta che gli aveva regalato suo nonno.
In quel momento si addormentò di colpo.
Il vecchio
gli si avvicinò nell'andito dell'università.
Il suo
sguardo era preoccupato.
–
Cornelio- gli disse – sono venuto a darti un
consiglio-
–
Dimmi, nonno- gli rispose il giovane.
–
Va' da tzia Bonaria e chiedile di dirti la
formula per...
«Carta Cornelio, è il suo turno!»
disse una voce e il giovane fece un sussulto. Come poteva essersi addormentato
per più di un'ora e avere la sensazione di essersi appena assopito? Cornelio
scattò in piedi ed entrò nello studio di Professor Farris. Si sedette davanti
alla scrivania. L'anziano docente lo squadrò con aria misteriosa e gli chiese
il libretto. Cornelio glielo porse senza pensarci, Farris scrisse
"28" e firmò. Poi riconsegnò il libretto al giovane e gli porse il
foglio del verbale online su cui apporre la propria firma. Lo studente era
incredulo.
«Professore, io non ho sostenuto
l'esame. Come potrei firmare? Io non posso accettare...»
«Il sogno che hai appena fatto non
è un sogno qualunque, Cornelio. Io ero amico di tuo nonno. Tu hai appena
vissuto l'esperienza dell'incubazione.»
«Cosa è?» chiese Cornelio. Era
confuso. Incubazione. Gli ricordava la parola incubo e non prometteva
nulla di buono.
«L'incubazione è una pratica molto
antica di mettersi in contatto con i defunti tramite il sogno. Una persona si
addormenta in luoghi "particolari", carichi di energie ancestrali,
per attirare lo spirito di un parente defunto e trarne consiglio.»
«Ma io non ho fatto niente di
tutto questo! E poi siamo all'università, non in un luogo particolare...ho
sentito parlare di una cosa del genere, dagli anziani del mio paese, ma non si
pratica più e poi bisogna essere vicini a una Tomba di Giganti.»
«Nessuno ti ha mai detto che il
polo de Sa Duchessa si trova sopra una necropoli? Quale luogo migliore per
praticare l'incubazione?»
«Io non ho praticato niente. E
poi, Lei dovrebbe interrogarmi e basta.»
«Cornelio, rimani calmo. Tu ti sei
messo in contatto con tuo nonno tramite la medaglietta. Io so chi sei. Tu sei
il Prescelto per trovare lo Scultone.»
«Cosa? È un essere del folklore,
quello! Sono cresciuto per credere ai racconti dei vecchi.»
«I contusu hanno un fondo
di verità, come i miti e le leggende. Che tu ci creda o no, la verità verrà da
te. Stai attento. Se lo Scultone ha percepito che tu hai cominciato a incubare
cercherà di fermarti per evitare che tu arrivi al suo tesoro.»
«Scultone? Cercare di fermarmi?
Incubare? Tesoro? La smetta di... Io non ci credo.»
Cornelio uscì dallo studio di
Professor Farris e si diresse verso il parcheggio, salì in macchina e fece
partire una traccia che aveva trasferito dall'MP3 allo stereo dell'auto. Cantò
per tutto il tragitto di rientro a casa, per tentare di scacciare
l'inquietudine che le parole di Farris gli avevano provocato. Quando parcheggiò
l'auto e scese ebbe una strana sensazione allo stomaco. Non era fame,
era...come un presagio. Dentro casa trovò i genitori intenti a preparare il
pranzo e a guardare la TV. Erano rientrati prima dal lavoro a causa di uno
sciopero. Cornelio si fece una doccia e indossò una comoda tuta sportiva. La
sensazione allo stomaco continuò anche durante il pranzo e lui chiese ai
genitori se il nonno avesse mai parlato loro di uno Scultone. Scoprì così che
suo nonno era stato uno dei sopravvissuti alla strage del 21 settembre 1945.
Aveva solo dieci anni all'epoca e nel pomeriggio di quella data si era riunito
con altri cinque bambini per giocare nel bosco appena fuori dal paese. Si
inoltrarono fra gli alberi di quercia e, senza saperlo, si trovarono sopra un
nuraghe. Uno dei bambini cadde in una cavità e gli altri vi scesero all'interno
per salvare il loro compagno di giochi usando le nodose radici di una quercia
come i gradini di una scala. La cavità era un lungo corridoio privo di
vegetazione e proseguiva, illuminato da un bagliore dorato, sino a una camera.
I bambini seguirono la luce e quello che videro li lasciò senza fiato. Un
essere simile a un serpente, ma meda pru mannu, diceva il nonno, se ne
stava accucciato davanti a un'antica cassapanca piena di oggetti d'oro! La
creatura che sembrava un serpente era dotata di quattro zampe e di una lunga
coda. Sulla testa aveva due corna argentate e un paio di piccole orecchie. Gli
occhi erano neri come l'ossidiana e i denti erano gialli e appuntiti. Sul dorso
era ricoperto di un manto di peli argentati e sottili. Uno dei bambini, Jaccu,
si avvicinò per toccare quell'animale così insolito ed ebbe inizio la tragedia.
La creatura guardò Jaccu dritto negli occhi e sibilò forte. Il bambino si
pietrificò all'istante. I suoi compagni urlarono e cercarono di scappare, ma
l'essere li seguiva silenzioso nelle diramazioni che portavano alla camera del
tesoro. Li trovava e li guardava. Ne pietrificò altri quattro. Il quinto
bambino, invece, inciampò durante la fuga e la creatura gli soffiò sopra il suo
alito infernale per carbonizzarlo. Il nonno di Cornelio riuscì a scappare e
nella fuga verso casa incontrò una vecchia che gli donò la medaglietta che
Cornelio indossava quella mattina. Il ciondolo poteva proteggere da quell'essere,
che si chiamava Scultone, il Prescelto a trovare il tesoro. La vecchia gli
predisse alcuni avvenimenti della sua vita e gli fece giurare di consegnare la
medaglietta a suo nipote, a quello che si sarebbe chiamato Cornelio.
Il pranzo finì e Cornelio ora
sapeva di avere ricevuto il ciondolo per uno scopo. Doveva trovare il tesoro
protetto dallo Scultone e la medaglietta poteva proteggerlo. Magari suo nonno
poteva rivelargli qualcosa in sogno, tramite l'incubazione di cui gli aveva
parlato Professor Farris quella mattina. Entrò in camera e si buttò a letto.
Strofinò la medaglietta pensando al nonno e si addormentò. Non fece in tempo ad
accorgersi della creatura che sgusciò da sotto l'armadio e che si arrampicò nel
suo letto.
L'essere era un Ammutadori,
ossia un piccolo demone dotato di un potere antico e potente. I vecchi
raccontavano che la creatura si poneva sopra il petto della vittima e ne
impediva il movimento e l'uso della parola. Esercitava il suo potere tra le
persone addormentate e dai sogni traeva il suo nutrimento. Mentre assorbiva
l'energia della vittima, quest'ultima aveva gli incubi.
Suo nonno era seduto nella
solita poltrona, a casa sua. Cornelio gli si avvicinò e l'anziano lo guardò con
infinita dolcezza.
-Nonno, devo sapere tutto
quello che puoi dirmi sullo Scultone-
-In alcuni paesi lo chiamano
Scrutzoni... Non è un essere buono...-
-Sì, immagino. So che ha ucciso
quei bambini, tanto tempo fa...-
-Lo fa ancora. Nelle notti
particolari invia i suoi demoni per nutrirsi. Hai mai sentito parlare delle
Surbiles, dei...-
Cornelio si sentì invadere da
una strana pesantezza. Improvvisamente non riuscì più a muoversi e a parlare.
Il nonno svanì e il giovane si ritrovò nella sua stanza, al buio, con uno
strano peso sopra il petto. Sapeva di non essere solo. A circa cinquanta
centimetri di altezza sopra il suo petto vide due paia di luci rosse. Erano
occhi, ne era certo, e appartenevano a una creatura demoniaca. Provò a urlare, ma nessun suono uscì dalla
sua bocca. Pregò mentalmente, una semplice Ave Maria, e il peso cominciò a
diminuire.
Cornelio riuscì a muoversi e si
girò nel sonno. Risognò suo nonno, ma il sogno era diverso.
Era tutto buio. C'erano ragni
grandi come piccioni e Cornelio uscì fuori dalla cucina di casa del nonno. Un ragno
gigante gli si avvicinò, lanciandogli addosso una ragnatela che lo avvolse come
un bozzolo. Cornelio provò a urlare, senza riuscirci.
Sentì la voce del nonno in
lontananza.
-Prega.
Padre nostro che sei nei
Cieli...cominciò a recitare, ma il ragno era sempre là.
-Non servono le preghiere,
sciocco ragazzo!- disse il ragno e si scagliò contro di lui per divorarlo.
Cornelio si svegliò urlando. Si
ritrovò seduto nel letto, mentre la luce fuori dalla finestra era scomparsa. La
sveglia segnava le cinque e mezza del pomeriggio. Si alzò e accese il PC. Sul
motore di ricerca inserì la parola chiave "Ammutadori" e
iniziò a leggere quanto trovato su Internet. Annotò con la matita qualche
elemento su un quaderno ad anelli, poi spense il PC e si recò nella piccola
Biblioteca comunale. Il bibliotecario Antonio, originario di Guasila, appena lo
vide, gli consegnò un libro consunto e gli disse di averlo ricevuto da un
anziano proprio quella mattina con la richiesta di recapitarlo al giovane che
si sarebbe recato in biblioteca quel pomeriggio.
Cornelio aprì il libro e scoprì
che era stato scritto dai suoi avi a partire dal 1653 e conteneva informazioni
su tutte le creature del folklore. Ogni autore di quelle pagine si era
presentato e aveva descritto in ordine alfabetico gli esseri malefici, i loro
poteri e il modo per sconfiggerli.
La voce "Ammutadori",
scritta da Sisinnio Boy nel 1674, spiegava che questa creatura era chiamata in
Antichità "Incubus" e la si poteva sconfiggere recitando
preghiere, spargendo sale ai quattro angoli del letto, indossando un amuleto
oppure indossando gli abiti al rovescio. L'attuazione di uno di questi
"esorcismi" poteva indurre la creatura a desistere. Se questo non
accadeva, la vittima poteva attuarli tutti contemporaneamente. Questo essere
veniva considerato dal Boy come uno dei demoni minori e meno potenti da lui
conosciuti.
Quella notte Cornelio decise, per
scrupolo, di usare tutti e quattro i metodi. L'Ammutadori non gli fece
più visita e il giovane si convinse che niente lo avrebbe più minacciato.
Continuò la sua vita da studente
laureando tra biblioteche, appuntamenti con il relatore per correggere le
pagine della tesi e incontri con i colleghi. Ben presto si illuse che
l'episodio dell'incubus appartenesse al passato e si dimenticò persino
dello Scultone e del libro dei suoi antenati, che aveva conservato in un
cassetto della scrivania nella propria camera.
Cornelio Carta non poteva
immaginare che l'esperienza vissuta solo due settimane prima avrebbe segnato
l'inizio di una serie di avventure soprannaturali in cui l'ombra dello Scultone
e del suo tesoro sarebbero stati il filo conduttore.
Bellissimo! Troppo avvincente e non vedo l'ora di leggere il seguito!
RispondiEliminaGrazie Dany60! Il secondo capitolo verrà pubblicato la prossima settimana! Continua a seguirmi, lasciare un commento e non dimenticare di condividere il link del mio blog sui tuoi social!
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